L'opera Sibille e Profeti e il restauro


Scopriamo la storia dell’opera di Raffaello

I

Il ciclo di affreschi delle Sibille e angeli, datato presumibilmente al 1514, è collocato all'interno della Chiesa di Santa Maria della Pace a Roma. Si tratta dell'unico ciclo di affreschi di Raffaello non conservato in un museo e visibile liberamente, se si esclude l'affresco del Profeta Isaia nella Chiesa di Sant'Agostino a Roma.

Raffaello affronta qui il tema dell’annuncio della venuta e della resurrezione di Cristo attraverso le premonizioni delle Sibille. Questi personaggi erano stati affrontati anche da Michelangelo nella volta della Sistina, opera ammirata dall'artista di Urbino. Le figure di Sibille dipinte da Raffaello possiedono una grazia e una radiosità che le rende uniche, un tratto peculiare della sua arte.

A differenza delle Sibille dipinte da Michelangelo, più muscolari e drammatiche, il nucleo dell'affresco della cappella – che comprende la Sibilla Cumana, Persiana, Frigia e Tiburtina e gli angeli, che le informano della resurrezione del Cristo - restituisce allo spettatore una composizione con una classicità e una levità che non hanno eguali. Anche Leonardo viene chiamato in causa: l'angelo in alto a sinistra rimanda apertamente alla Sant'Anna così come l'incredibile lavoro sul colore come strumento prospettico, in grado di dare profondità spaziale alla scena, lezione appresa dal maestro di Vinci.

Ed è proprio il colore uno degli aspetti più stupefacenti dell'opera, perché Raffaello riesce, attraverso un ardito lavoro di accostamento dei colori, a replicare l'effetto di trasparenza delle velature tipico della tecnica a olio, dando prova di una abilità fuori dal comune.

Il mecenate e il genio alla corte dei Papi

La vicenda che intreccia la storia di Chigi a quella di Raffaello è una storia di committenza e di amicizia. Agostino Chigi, originario di Siena, è il banchiere più importante d'Europa, tesoriere della Camera Apostolica e sorta di “ministro della cultura laica” a Roma; sceglie di affidare la decorazione della cappella a quello che ritiene essere il più talentuoso artista vivente, ossia Raffaello. È il 1514 e l'artista si trova a Roma già dal 1508, per lavorare alla commessa delle Sale Vaticane e poi alla ricostruzione di San Pietro. Sin dagli inizi dei lavori, entra immediatamente nelle grazie di papa Giulio II, che si mostra entusiasta dei suoi dipinti. L'impegno di Raffaello per il pontefice è pressoché totale ma Chigi non è una figura qualunque. Amico intimo di Giulio II e poi di Leone X, gode di un ruolo unico all'interno della società del tempo. Oltre a essere l'uomo più ricco d'Europa e ad aver finanziato le guerre del papato, è un mecenate illuminato che crede profondamente nella cultura come strumento primario di progresso e di glorificazione di sé. Grazie al suo smisurato potere, riesce a ottenere dal papa la possibilità che Raffaello lavori per lui, sebbene solo in alcuni specifici momenti. Chigi vanta commissioni ai maggiori artisti del tempo, ma vuole a tutti i costi i servigi di Raffaello, perché sa che solo la firma del genio di Urbino gli garantirà una fama imperitura. Affida così la decorazione della cappella di famiglia presso la Basilica di Santa Maria della Pace all'artista, che realizza uno dei suoi capolavori della maturità.


©Foto di Andrea Jemolo

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